Gli interrogativi del Tribunale del Malato

118 COSENZA: QUALI I CRITERI DI INTERVENTO?

2013-05-10 19.06.39

DIAMANTE (CS) – Da anni il Tribunale per i Diritti del Malato dell’Alto Tirreno Cosentino pone particolare attenzione su organizzazione, meccanismi, protocolli e funzionamento del 118 della provincia di Cosenza e nel corso degli anni sono state molteplici le denunce avanzate nei confronti di carenze e lacune del servizio di emergenza urgenza, prontamente e costantemente evidenziate dalla struttura del Tribunale del Malato – struttura nata, a livello nazionale, per tutelare e promuovere i diritti dei cittadini nell’ambito dei servizi sanitari e assistenziali e per contribuire ad una più umana, efficace e razionale organizzazione del servizio sanitario nazionale. In merito il coordinatore territoriale per l’Alto Tirreno Cosentino di Cittadinanzattiva, avv. Domenico Oliva, non va per il sottile: «Nel corso degli anni sono state evidenziate differenti e spesso opposte applicazioni dei protocolli di intervento della centrale operativa 118 di Cosenza; la domanda che ci si pone è, pertanto, la seguente: dipende dalla preparazione degli operatori? Bisogna procedere ad una particolare specializzazione o riqualificazione di medici ed infermieri di centrale? I protocolli adottati sono errati o presentano carenze e lacune? I protocolli di cui la centrale si è dotata vengono realmente e correttamente applicati oppure spesso vengono disattesi? Non c’è capacità organizzativa e pertanto non si riesce ad ottimizzare la presenza e distribuzione di mezzi e uomini?». E ancora: «Non si comprende quali siano i criteri di invio delle ambulanze considerato che in alcune occasioni viene inviata quella con medico a bordo, a volte quella con soli volontari, a volte quella più vicina al luogo dell’evento e altre volte quella lontana. Altra discrasia evidenziata in più occasioni è quella del dispatch, cioè della valutazione telefonica della gravità della chiamata, da parte degli operatori di centrale che rispondono alla chiamata stessa; attraverso domande mirate da rivolgere a chi chiama il 118, già predisposte e orientativamente standardizzate, l’operatore della centrale deve giungere a riconoscere il grado di gravità della chiamata e, di conseguenza, assegnare un codice di gravità all’invio dell’ambulanza che viene contestualmente attivata; spesso c’è una grande divergenza tra il codice di attivazione e la reale gravità della chiamata, per cui ci sono ambulanze che partono in codice rosso (il più grave) e trovano sul luogo di arrivo una situazione di scarsa gravità o nulla gravità e viceversa; ciò comporta la inevitabile conseguenza del cattivo uso di mezzi e uomini presenti sul territorio. Evitiamo, infine, di parlare dei tempi di arrivo delle ambulanze che, spesso, giungono con tempi di arrivo elevati rispetto ai tempi previsti dalla normativa in vigore. La risposta all’emergenza, nel nostro territorio, dovrà essere realmente omogenea e ottimale garantendo la migliore assistenza sanitaria possibile nelle situazioni di emergenza e urgenza. Bisognerà giungere ad una ottimale “intervista” telefonica, in caso di chiamata , con una corretta valutazione della criticità e complessità dell’evento; bisognerà garantire l’arrivo sul luogo dell’evento dei mezzi ed equipaggi di soccorso più adeguati alla necessità; bisognerà garantire, inoltre, il trasporto del paziente verso il dipartimento di emergenza o pronto soccorso più idoneo a garantire, con immediatezza, un adeguato percorso di diagnosi e cura. Noi restiamo sempre attenti a queste problematiche che sono essenziali per la vita ed incolumità del cittadino e, nell’ambito di questa campagna di attenzione continua, attiveremo delle procedure legali che siano dirette a ripristinare eventuali anomalie che gli organi competenti dovessero rinvenire in seguito alle nostre segnalazioni »

Lontani dagli occhi…

Ennesima segnalazione di abuso ambientale, ennesima grana per il Comune

Tre container di rifiuti al ‘Fratelli Oliva’

 In piena emergenza rifiuti, con il sistema delle discariche calabresi al collasso, si tira a lucido il ‘centro’ e si contaminano le ‘periferie’

DIAMANTE (CS) Che ci fanno tre container pieni fino al collo di rifiuti? E soprattutto, cosa ci fanno di fronte il ‘Fratelli Oliva’, il campo sportivo di Diamante? È un sito autorizzato dal punto di vista ambientale per il deposito d’indifferenziata (e di ciò l’Asp è al corrente) o ci troviamo di fronte alle ripercussioni che l’emergenza ecologica regionale sta avendo sul territorio? SAM_0102A tutti questi quesiti che nei giorni a venire la popolazione spera possano darsi risposte serie, ne aggiungiamo un altro, ancor più circostanziato: chi ha studiato questo tipo di soluzione tampone? Il Comune, di concerto con la multi servizi che si occupa della raccolta o qualcuno –molto improbabile- ne è all’oscuro? SAM_0110Come si vede molte domande che sorgono con un alto tasso di nebulosità nel momento in cui le Amministrazioni comunali non riescono a cavare un ragno dal buco dallo smaltimento dei rifiuti. I materiali fotografici cavalcano per il momento l’onda della denuncia sociale di semplici cittadini, eppure mostrano addirittura uno dei tre container della Ecologia Oggi – da ciò che si evince dal logo dei container ndr – accumulare all’aria aperta rifiuti non differenziati senza telone protettivo. SAM_0109Con una raccolta differenziata mai partita, un’altra discarica abusiva scovata (in cui non si possono celare alla vista pezzi di presunto eternit sbriciolati mischiati a rifiuti di ogni genere), con una situazione cassonetti nelle contrade periferiche ben diversa rispetto a quella registrata nel centro città, la preoccupazione della popolazione riguardo l’impatto negativo sulla salute e il turismo monta ogni giorno di più.SAM_0107

SAM_0105 SAM_0104 SAM_0103 SAM_0102

Minaccia amianto

Abbandono  illegale di rifiuti verso Contrada Sagarote

Fa che non sia eternit…

Le foto scattate questa mattina sono state prontamente consegnate alla Polizia Municipale per la denuncia del sito per scartare la possibilità della presenza dell’amianto

eternit 1Discarica abusiva. È questo il termine più proprio per definire quell’angolo nascosto, all’imbocco della SS18 nella strada che da Diamante porta a Contrada Sagarote sulla diramazione di Via Glauco. Quanti – moltissimi – l’hanno intravista durante questi mesi? Allora è tempo, per alcuni cittadini, di darne voce per informare sul danno ambientale manifesto e per il pericolo imminente per la salute di tutta la popolazione di Diamante, in modo particolare per quella dei residenti e i numerosi turisti che vivono nelle vicinanze che sono i soggetti più a rischio dal punta di vista geografico. Infatti, accanto a cassonetti semi bruciati, il ventaglio di materiali abbandonati è disdicevole. Si va da gomme di auto, sedie da studio, monitor e tubi di plastica a buste piene di appendiabiti, bidoni arrugginiti e lamiere  non meglio identificate. Lastroni, appunto, che dalle foto scattate questa mattina danno l’ impressione potersi trattare di amianto o cemento-amianto (eternit), un materiale cancerogeno dal basso costo e dal facile utilizzo (perciò impiegato in larga misura nelle costruzioni) ma messo al bando (si badi, non la sua vendita però… paradossi della legge) dalla 257/92 che tra l’altro stabilisce termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti l’estrazione e la lavorazione dell’absesto (= amianto) e che da quando entrata a regime si è occupata, per la prima volta, anche dei lavoratori esposti a questo materiale.eterrnit 4 Le foto che incriminano il luogo del reato sono intanto state consegnate alla Polizia Municipale che avrà il compito di mettere al corrente il Comune per un eventuale sopralluogo con i tecnici dell’Asp. Se il materiale immortalato confermerà le prime ipotesi di deposito abusivo di amianto, spetterà all’Amministrazione attivarsi con apposita autorizzazione per la pronta rimozione del materiale nocivo attraverso ditte specializzate per lo smaltimento dell’amianto, come vuole la legge. La storia dell’eternit di Pietrarossa/Sagarote non inizia qui. Siamo al 5 aprile e il Comune di Diamante, a seguito di segnalazioni dei cittadini datate 21 marzo, dispone un’ “Ordinanza per la rimozione, trasporto e smaltimento di rifiuti pericolosi depositati in modo incontrollato in Località Pietrarossa” di modo che lastroni precedenti – a quella data integri – venissero tolti di mezzo. Affidato l’incarico alla Calabra Maceri per un importo di euro 1.800, l’ordinanza recita che la società incaricata avrebbe dovuto effettuare la rimozione entro 3 giorni dalla data di trasmissione dell’ordinanza medesima e soprattutto: “di comunicare al Comune l’avvenuta esecuzione di quanto ordinato al fine di consentire l’effettuazione delle opportune verifiche da parte dei competenti organi di controllo”; “di trasmettere al Comune la documentazione attestante il conferimento ad impianto autorizzato”; “il Corpo di Polizia locale è incaricato di controllare l’esecuzione del presente atto”. L’eternit  è stato effettivamente rimosso, ma non sappiamo perché perdurino residui frantumati. Non sappiamo se non c’entrano nulla con l’eternit precedente, e quindi da accertare la fonte illegale di provenienza, oppure – è solo un’ipotesi- si tratti del risultato di un procedura di asporto e trasporto in qualche modo fatto male o in maniera approssimativa. Senza addossare colpe a chi e come, si può solamente capirlo dalle notifiche che da ordinanza dovrebbero far seguito al processo. Vanno puniti responsabili recidivi che hanno preso la malsana abitudine di scaricare a Pietrarossa, oppure la Calabra Maceri ha fatto le cose in fretta e bisognerebbe rivedere l’importo dovuto: verbale canta, a questo punto. Per renderci conto del danno irrimediabile apportato da lastroni di amianto lasciati marcire all’aria aperta, la Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute scrive: “La pericolosità dell’amianto dipende dal grado di libertà delle fibre, ossia dalla capacità dei materiali di rilasciare fibre potenzialmente inalabili; la presenza in sé dell’amianto, infatti, non è necessariamente pericolosa, lo diventa qualora le fibre vengano sprigionate nell’aria, per effetto di qualsiasi sollecitazione (manipolazione/lavorazione, vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni di umidità etc.). Essendo l’asbesto un materiale fibroso e piuttosto friabile, è facile che le piccolissime particelle di cui è costituito (dell’ordine di millesimi di millimetro), una volta inalate, vadano a concentrarsi nei bronchi, negli alveoli polmonari, nella pleura, provocando danni irreversibili ai tessuti”.307017_170670056434966_13633638_n Prima di giungere a conclusioni che magari potrebbero rivelarsi errate o comunque generare esagerati allarmi sociali, lasciamo che le autorità competenti facciano adesso il proprio lavoro e si attengano, nei casi specificati dalla legge, alla procedura sopra designata. Il nostro dovere è informare e denunciare, che si tratti o meno di amianto non possiamo dirlo con sicurezza, tuttavia la discarica è lì e l’area va per questo bonificata.  Una cosa è certa:con occhi vigili cittadini sempre più coscienziosi a Diamante stanno percependo le criticità ambientali come uno stupro attuato a più livelli e cercando di porvi rimedio nel proprio piccolo, mobilitandosi dal basso. Tutto questo fa capire che l’emergenza ambientale sui nostri territori è anche questa, non solamente i cassonetti strapieni che non vengono svuotati per problematiche di carattere gestionale inerente lo smaltimento in discarica. La crisi ambientale è denotata dalle centinaia, per non dire migliaia, di discariche abusive ai bordi delle strade, in aperta montagna o sui letti dei fiumi, per cui il neonato Comitato per la Bonifica dei Terreni, Mari e Fiumi della Calabria ha più volte sul territorio espresso il suo giudizio di condanna. Piccole oasi dell’illegalità di cui siamo quotidianamente testimoni ma di cui lasciamo volentieri che siano altri a sporcarsi le mani.

(SI RINGRAZIA TONINO GROSSO CIPONTE PER LE FOTO DELLA DENUNCIA)

Report Rifiuti Arpacal

Diamante, maglia nera 2011 per la raccolta differenziata 

2013-04-26 10.34.37

È uscito oggi il Report Annuale Rifiuti 2011 dell’Arpacal. Ecco quanto riportato dalla sua Direzione Scientifica – Sezione Regionale Catasto Rifiuti: “È Saracena, in provincia di Cosenza, con il 64,04% dei rifiuti che vanno in differenziata, il comune più virtuoso nel 2011 della Calabria per quanto riguarda il rapporto tra tonnellate di rifiuti urbani prodotti e, appunto, quelli raccolti con il sistema della differenziata. Sul podio ”regionale” seguono altri due comuni della provincia di Cosenza: San Basile 62,60% e Bocchigliero 58,20%. Nella classifica delle province più virtuose, spicca ancora Cosenza con il 13,38%, seguita a ruota da Vibo Valentia con il 13,10% e Catanzaro con 11,95%. Più in generale la Calabria ha prodotto 11,56 % di raccolta differenziata, in riferimento al totale di rifiuti urbani prodotti nel 2011, determinando un calo del 0,33% rispetto al 2010. Nel 2011, infatti, nonostante abbia aumentato la produzione di differenziata (102 mila tonnellate rispetto alle 95 mila del 2010) la Calabria ha continuato a mantenere un saldo negativo, avendo complessivamente prodotto più rifiuti urbani (783 mila tonnellate rispetto alle 707 mila del 2010). E’ quanto emerge dal Report Rifiuti, riferito appunto all’anno 2011, che l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (ARPACAL) ha pubblicato sul proprio sito web (www.arpacal.it), frutto di un complesso lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati sulla produzione di Rifiuti Urbani e Raccolta Differenziata, riferiti a tutti i Comuni della Regione Calabria, distinti per Categorie merceologiche secondo i Codici identificativi CER. Il Report – realizzato dal Dr. Clemente Migliorino, Responsabile della Sezione Regionale Catasto Rifiuti istituita presso la Direzione Scientifica dell’Arpacal, e dal dott. Fabrizio Trapuzzano – è stato inviato all’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e comunicato ai Dipartimenti Ambiente e Programmazione Comunitaria della Regione Calabria; contenendo dati ufficiali, infatti, il documento dell’Arpacal fotografa lo stato della Raccolta differenziata in Calabria, permettendo ai Comuni di poter accedere ai contribuiti erogati dalla stessa Regione. Su base provinciale, i comuni che hanno raggiunto la più elevata percentuale di raccolta differenziata sono: Pianopoli (CZ) 48,40%, Carfizzi (KR) 50,31%, Palmi (RC) 32,27%, Vallelonga (VV) 32,14%. Sul versante opposto, circa un terzo dei comuni calabresi, 129 su 409, non ha trasmesso all’Arpacal le informazioni richieste per realizzare il report sulla differenziata.  Dieci comuni calabresi , invece, hanno addirittura comunicato di non aver svolto attività di raccolta differenziata: Zaccanopoli (VV), Spadola (VV), Benestare (RC), Canolo (RC), Ciminà (RC), Giffone (RC), Cerenzia (KR), Belvedere Spinello (KR), Umbriatico (KR), Albidona (CS).  Per l’anno 2011, quindi, in base ai dati acquisiti la percentuale regionale di raccolta differenziata si attesta all’11,56%. Ecco le percentuali di raccolta differenziata, suddivise per aree provinciali: Catanzaro 11,95% ( -1,62% rispetto a 2010), Crotone 11,65% ( -0,62% rispetto a 2010), Cosenza 13,38% (+0,81% rispetto a 2010), Reggio Calabria 8,41% (-0,69% rispetto a 2010), Vibo Valentia 13,10% (+1,96% rispetto a 2010). Capoluoghi di Regione: Catanzaro e Cosenza hanno la medesima percentuale 9,22% – Crotone 19,18% – Reggio Calabria 11,47% e Vibo Valentia 13,06%. Tra i dati che emergono dal Report Rifiuti, eccone alcuni riferiti alle principali città calabresi:  Lamezia Terme 26,50% – Cirò Marina 19,15% – Acri 1,77% – Cassano allo Ionio 6,38% – Castrovillari 37,87% – Corigliano Calabro 12,08% – Rossano 20,74% – Locri 2,02% – Palmi 32,27% – Siderno 3,47%”.  Diamante invece appare ancora anni luce di distanza da una corretta raccolta differenziata ma soprattutto da condividere la percezione che dalla differenziazione sul ciclo dei rifiuti si possono azzerare le difficoltà – oggi più che mai palesi – di conferimento in discarica e generare un ciclo virtuoso che coinvolga imprese locali e perché no, direttamente il Comune, negli utili derivanti da un mercato in continua espansione e dalle potenzialità assicurate. Ebbene, mentre si discute ancora se parte o non parte la raccolta e mentre si maledicono i provvedimenti del Commissario vivendo alla giornata in tema di rifiuti, si gioca a scacchi nello scovare quale discarica riapre e quale chiude (spaventoso è l’ultimo decreto d’emergenza in ordine di tempo del Presidente della Regione Scopelliti di abbancare i rifiuti in discarica senza trattamento, infischiandosene delle norme sanitarie e le quasi certe sanzioni amministrative europee). Fermo restando ciò il dato oggettivo della raccolta differenziata nel comune di Diamante è agghiacciante. I numeri elaborati dalla Direzione Scientifica parlano di un misero 2,41% di raccolta differenziata per l’anno 2011: peggio nella Provincia di Cosenza – che tra l’altro risulta la più virtuosa tra quelle calabresi – hanno fatto soltanto Mottafollone (1.91%), Paterno Calabro (1,85%), Acri (1,77%); Fuscaldo (1,54%); S.Cosmo Albanese (1,43%); Cerchiara di Calabria (0,81%) e Villapiana (0,50%). ImmagineSe analizziamo il comparto Alto Tirreno Cosentino, comprensivo delle comunità montane, ci accorgiamo quanto sia profondo il gap da alcuni ‘cugini’ che, nonostante risultati non eccelsi, qualcosa nell’anno 2011 l’hanno combinata. Questa la classifica (in %): Guardia Piemontese 40.50; Praia a Mare 26.93; Santa Domenica Talao 25.96; Sant’Agata d’Esaro 25.90; Papasidero 22.91; Paola 22.79; Santa Maria del Cedro 17.07; S.Nicola Arcella 11.61; Tortora 11.46; Cetraro 10.23; Buonvicino 7.99; Belvedere M.mo 7.93; Scalea 7.44; Orsomarso 4.43; Diamante 2.41; Fuscaldo 1.54. La ‘Perla del Tirreno’ risulta dunque penultima, a meno che non se ne trovi una peggiore qualora verranno diffusi i dati ora non disponibili relativi ai Comuni di Acquappesa, Bonifati, Grisolia, Maierà, Sangineto e Verbicaro. Nel dettaglio il report dell’Arpacal su Diamante estrapola 102.840 tonnellate di rifiuti totali per ‘Raccolta Differenziata’; 4155.48 t di ‘Raccolta Urbana’ (rifiuti urbani misti più residui delle strade e suolo pubblico ); un valore degli scarti sugli ‘Ingombranti’ (CER 20 03 07) – calcolati su una media percentuale derivante dai dati forniti da 8 piattaforme di raccolta e lavorazione della RD –  pari al 16,25%; ‘Raccolta Multimateriale’ per 17.240 t (calcolata solo in base agli imballaggi in materiali misti); 53.100 tonnellate di ‘Carta e Cartone’; 32.500 tonnellate di ‘Ingombranti a Recupero’. Purtroppo, per mancanza di dati reali non vengono analizzate categorie quali ‘Frazione Organica Umida’ (Compostaggio e Compostaggio domestico), ‘Rifiuti provenienti da Giardini e Parchi’, ‘Imballaggi’ quali vetro, plastica, legno, metallici, tessili, né ‘Farmaci’, ‘Batterie e Accumulatori’, ‘Vernici Inchiostri e Adesivi’, ‘Olii Vegetali e Minerali’, ‘Contenitori T/FC’ (ossia  i contenitori per materiali tossici/facilmente infiammabili nda), ‘RAEE domestici’ (cioè rifiuti di natura elettrica o elettronica) e infine ‘Residui C&D’ derivabili dall’attività di costruzione e di demolizione. Non solo quindi crisi ambientale e scaricabarile professionale tra Enti Locali, Regione,  Ufficio del Commissario e società di raccolta e smaltimento: i tempi sono maturi o no per affrontare l’emergenza da casa nostra e contando per davvero sulla politica cittadina delle 4R Riduzione-Riciclo-Riuso-Recupero qui da noi solamente decantata?

Una discarica fuori regola

Cutura, la discarica fuori la Calabra Maceri a cui non si pone fine 

C’è chi riesce ancora a tapparsi il naso

Avvertite le autorità comunali competenti in materia ma il sito di abbandono a due passi dall’Emoli rischia ogni giorno di arrecare un danno ambientale considerevole

 

RENDE (CS) Una discarica in piena regola, un mugolo di rifiuti di ogni tipo, dai cartoni di 3 mt per 2 a un televisore spaccato a metà con fili scoperti che fuoriescono impazziti. Ma non solo: carcasse di tricicli, ventilatori sventrati, sedili, gomme e tubi di plastica aggrovigliati su se stessi, rilevatori accessoriati di pile colpite da sole, pioggia e neve, materassi usurati e taniche lasciati in bella(o meglio:brutta) vista ai lati della strada. Sembra un mercato dell’usato e invece non c’è da fare molta fatica per subire lo spettacolo d’inciviltà che, in un misto di raccapriccio e disgusto, cresce a ritmo quotidiano in contrada Cutura a Rende, esempio disdicevole che si riproduce disgraziatamente in copie molteplici nella Calabria degli sprechi, della noncuranza per l’ambiente e del suicidio ecologico di massa. 2013-03-21 12.11.582013-03-21 12.11.42 25012013594 25012013595 la discarica nel 2009 Sembra difatti che non importi proprio a nessuno questa piccola discarica a tutti gli effetti abusiva che come un rampicante si è già impossessata della strada e minaccia di farlo riversandosi nel fiume Emoli che scorre nei pressi. Filmati provenienti dal web testimoniano lo spettacolo indecoroso per una cittadina come Rende che predica lo sviluppo urbanistico ragionato negli spazi più visibili e trafficati del circondario. Detti video mostrano come le sponde del fiume siano praticamente disseminate di rifiuti mentre altri affiorano sotto i roveti: durante le violenti piogge degli ultimi giorni spazzatura, bottigliette, palloni e e plastiche varie (addirittura una bombola del gas arrugginita) sono state strappate e scaraventate nelle acque del fiume inquinandolo e in certi punti facendo da ‘tappo’ al corso naturale dello stesso. Se si pensa alla ricerca dell’allineamento verso il verde delle zone residenziali di Commenda, ad esempio, e la vocazione al rispetto per l’ambiente che si cerca con la riduzione della Tarsu e risultati confortanti della raccolta differenziata, fa però specie vedere nascere dal nulla e solidificarsi ammassi indifferenziati non isolati di rifiuti a pochi metri dalla Calabra Maceri. L’ennesimo, turpe paradosso dei nostri tempi che a 50 mt dal sito di stoccaggio e differenziazione ne vede sorgere un altro, informale e trascurato, nel quale si rigenera quella pratica di abbandono illegale che l’azienda multiservizi ha per statuto e tipo di attività l’onere di combattere. Perché nessuno faccia niente ce lo siamo chiesti sin da subito, immaginando la risposta nel fatto che la contrada sorge in una zona poco avvezza alle passeggiate dei rendesi e di quanti si recano nel territorio comunale per svago o lavoro ma di certo altamente transitata in quanto raccordo secondario tra la ss 106 e la zona industriale di Quattromiglia.  La discarica in oggetto aumenta di volume, fetore e pericolosità ambientale rapidamente, nell’indifferenza generale e di quella delle autorità competenti. Autorità che a questo punto – allertate a più riprese di questo quadro di degrado – dovrebbero accertare la provenienza di queste abitudini malsane e perché si stiano stratificando nel tempo. Probabilmente duole sapere che molti materiali che compongono le distese di rifiuti sono materiali ingombranti o comunque di riciclaggio che, come dire, richiedono uno sforzo ulteriore da parte del cittadino/utente per lo smaltimento. Parliamo di materassi, televisori, pile e olii usati il cui riciclo prevede particolari procedure o invasi speciali di stoccaggio. Ma parliamo anche di oggetti di uso diario che, dall’aspetto apparentemente innocuo e che, sempre apparentemente, hanno l’unica colpa di essere da smacco alla necessità di risparmio e dovere di riuso che in tempi di crisi si esige, si ritrovano rei di nascondere metalli o componenti sconosciuti e  che, a lungo esposti alle intemperie e sversate nei terreni possono nuocere alla salute più di quanto possa apparire, appunto. I camion della Calabra Maceri sfrecciano veloci eppure è impensabile che nessun amministratore comunale sia all’oscuro di questo scempio. Da una parte, nella homepage comunale, passa il chiaro messaggio di corresponsabilità di cittadino e istituzioni nella raccolta differenziata. E’ il cittadino che deve munirsi di consapevolezza e senso civico per aiutare e coadiuvare  il comune a fondare una cultura del riciclo. Ma non si può soprassedere sui compiti di vigilanza e controllo sul ciclo rifiuti dell’amministrazione che non può non vedere la nascita di una discarica giorno dopo giorno, nel corso di (almeno) 4 lunghi anni. Abbiamo infatti scoperto che i rifiuti hanno interessato l’area almeno dal 2009, quando tra l’immondizia c’erano mobili, una lavatrice e addirittura un fusto e il tettuccio di un’auto . Quante persone sono passate di lì in quattro anni? A cosa è dovuto tutto questo: è la causa di comportamenti sconsiderati continuati o la conseguenza del mancato pagamento  ai dipendenti delle multi servizi che si occupano della raccolta nella zona interessata? L’ufficio stampa del Comune da almeno due settimane ha assicurato circa l’immediata presa in consegna della richiesta da parte del settore di competenza,  ma a dire la verità l’ammasso di spazzatura giace ancora lì, ogni giorno più vistoso.  Sacchetto dopo sacchetto, elettrodomestico dopo l’altro, è nata una discarica  che nessuno si fila più e che ora rischia di peggiorare le criticità del letto fluviale. Sito non autorizzato a raccolta di rifiuti solidi urbani e inquinamento dell’alveo del fiume circostante: ci sono tutti i presupposti per intervenire a Cutura.  Non è un bel vedere, fidatevi.

Ordine di servizio immediato per la ripresa dei lavori

 La Regione ha detto per l’ennesima volta sì. Un ordine di servizio imminente

Nuova assise sul porto. Davvero pronti?

Il sindaco Ernesto Magorno rassicura tutti i cittadini mentre cerca di trasformare l’assemblea pubblica permanente in Commissione Porto. Intanto si discute sull’eventuale difformità delle nuove varianti regionali al progetto del privato 
Il progetto originario del Porto

Un ordine di servizio immediato per sbloccare la questione porto a Diamante. A confermarlo, lunedì sera in diretta tv, il sindaco della città dei murales Ernesto Magorno a fronte della riunione tenutasi in mattinata all’Assessorato dei Lavori Pubblici della Regione alla presenza dell’on. Pino Gentile. Rassicurazioni sono state fornite in relazione alle, sinora incognite, clausole fideiussorie che possono essere impugnate poiché, essendo il progetto del porto un appalto regionale, non può risultarne sprovvisto. Secondo quanto riportato, l’esponente pidiellino avrebbe dato garanzie riguardo la rimozione del fermo lavori stabilendo che «nei prossimi giorni la ditta fornirà, così come da noi richiesto, un nuovo cronoprogramma dei lavori che inizieranno a breve» e delegando l’ing. Zinno per procedere con entrambe le varianti, quella dei lavori a mare e quella del fronte porto. Ora, che queste varianti siano già state solo abbozzate o francobollate, che siano elementi di difformità dal progetto originario e quindi di controversia tra la società appaltante (Diamante Blu) e l’ente attuatore (Regione), è un nodo rimasto irrisolto durante la seduta del 15. Ennesima pratica dell’annunciazione o intrigo politico a questo punto saranno i prossimi giorni a proferire parole di verità, sperando che di verità ce ne sia una sola. Con queste non certo nuove garanzie ai microfoni dell’emittente locale Telediamante Magorno ha voluto tranquillizzare la cittadinanza: nessun tipo di segreto  – «quello che io so è quello che sanno i cittadini» –  ma se i patti non fossero mantenuti non esiterebbe, a suo dire, a gesti eclatanti, come l’occupazione del Consiglio regionale. Il primo cittadino di Diamante punta quindi sulla fiducia a distanza con Gentile: «É un uomo che mi ha ispirato voglia di fare. Qui la politica non c’entra, e non mi vergogno a dire di fare i ponti d’oro a chiunque darà di più alla mia città», tuttavia il braccio di ferro politico non può non essere sotto gli occhi di tutti. La riunione di domenica 14 con la partecipazione di Maiolo all’ Hotel Riviera Bleu ha avuto il sapore di un ‘chiamate i rinforzi’ e portare, chissà, il porto a essere tema di scontro politico in Regione. «Dobbiamo essere tutti uniti – ha soprasseduto Magorno – perché non ci sono in vista elezioni politiche se non tra cinque anni. Nessuno deve andare in Provincia e poter usare il porto come cavallo di battaglia». Elezioni a parte, tramite Magorno si dice che l’Icad Diamante non ha mai abbandonato il progetto porto, anzi, Santoro e compagni hanno già anticipato 4 milioni e mezzo di euro e, sempre secondo quanto riportato dal sindaco, la società appaltatrice stia già sborsando qualcosa come mille euro diari per il posteggio di attrezzature e ruspe. Un nonnulla se si pensa, come dice il farmacista-imprenditore cosentino, che «i costi previsti per la realizzazione dell’opera, sono fortemente lievitati, fino ad arrivare a sedici milioni e mezzo». Si sa, il modus operandi delle grandi opere è intriso di un certo tipo di ‘filosofia del mettere le mani avanti’, ma c’è da pensare all’economia reale. Sui pescatori e i gravi danni arrecati alle attività legate al mare il sindaco di centrosinistra rilancia l’opzione – contemplata nel contratto di servizio-  di un’area di ricovero a Belvedere a maggior ragione che “con la ripresa dei lavori a mare potrebbe essere a repentaglio la sicurezza delle imbarcazioni e dei propri pescatori”.  Una novità che si va ad aggiungere all’altra che potrà riguardare le aree adiacenti la zona portuale che si spera vengano riscattate dal Comune in base alla nuova legge sul demanio marittimo. Infine, Magorno ritorna sull’ipotesi di trasformare l’assemblea permanente da più fronti ostentata in una ‘Commissione Porto’ e della quale formeranno parte un consigliere d’opposizione più tutte le forze sociali, dai partiti politici alle associazioni culturali, compresa naturalmente l’associazione pescatori de La Ciurma, la cui unica discriminante “ è e deve rimanere quella di volere fortemente la realizzazione del porto”. Gli altri, fuori. E fuori quindi saranno gli ambientalisti che dalla prima ora hanno rigettato il mostro porto come unica strada maestra verso lo sviluppo e sulle cui alternative si abbattono le ire dei loro sostenitori, come se da loro dipendesse persino il blocco dei lavori e non da una valutazione dell’impatto ambientale che aveva snobbato reperti archeologici in mare da secoli, o il progetto della ditta appaltatrice che è di nuovo al vaglio dell’ufficio tecnico regionale per ulteriori varianti. Fuori ci saranno anche tutta quella parte di concittadini che, dategli dei qualunquisti, degli immobilisti o della massa silente, nel porto ci hanno creduto come no, ci hanno sperato come no, ma che quando possono evitano di affacciarsi dal lungomare per non vedere quello scempio consumato. Ci si augura che la Commissione non sostituisca il ruolo e il valore delle assemblee pubbliche aperte e permanenti, coinvolgendo chi vive fuori ma soprattutto portando periodicamente faccia a faccia gli attori del porto (comune, icad, regione) e gli attanti (popolazione) riprogrammando insieme l’agenda di ciò che sarà (o non sarà) l’area del porto. Come si è fatto per tutte le grandi o piccole opere che hanno investito il nostro Paese, dalla Marlane di Praia alla Tav in Val di Susa per non parlare della disgraziata vicenda dell’Eternit di Casale Monferrato, dove la popolazione,inizialmente galvanizzata dagli orizzonti fumosi di benessere e occupazione e rassicurata/tenuta all’oscuro degli effetti collaterali che le opere in questione avrebbero scatenato, si sono poi riversate come un fiume in piena in sit in permanenti di lotta. Intanto il prossimo appuntamento è fissato per il Consiglio comunale aperto giorno 26 ottobre alle ore 16:30, in attesa che in questa settimana qualcosa nel porto si muova.

Urlo degli Enotri Festival I edizione

Conclusa la prima edizione del festival, con grande successo di pubblico e un cartellone con pezzi da novanta

L’Urlo di Roy Paci dagli Enotri a noi

Il direttore artistico del Festival “etico” di Tortora a spron battuto: dal riscatto del Sud attraverso la musica all’ospitalità calabrese, dal futuro delle label indipendenti all’organizzazione di eventi nel Meridione

Roy Paci dorme poco, dice che la melanina si acquista con le ore che spende a creare e crogiolarsi al sole. Il direttore artistico de L’Urlo degli Enotri Festival ci aspetta all’Hotel La Loggia, un posto al limite dell’ascetismo che serve a ricaricare energie. 

L’energia di Roy Paci ha chiamato all’appello giovani e meno per una festa collettiva

Giovedì primo urlo, ieri il secondo, con successo di pubblico e vibrazioni positive: è la prima volta che ti dicono di essere stati i “peggiori del Sud Italia”. Mi associo, complimenti!

R: Ce lo siamo detti da soli, essere i peggiori è un claim che ci siamo inventati per anticipare i pochi casi di individui mediocri che si permettono di criticare a priori tutto e tutti. Mi hanno detto che ieri (giovedì, ndr) c’erano almeno 4500 persone al concerto, la miglior risposta viene da loro. Per non parlare di quelle che hanno invaso il lungomare.

Cosa hanno da urlare gli Enotri, rabbia o paura per i tempi che corrono?

R: A essere sinceri, non si tratta né di rabbia né di paura. Cadremmo nella solita retorica, in una stessa visione delle cose. Voglio che urlassero il riscatto. Ci fanno sempre credere che al Sud siamo sempre indietro, creando una serie di luoghi comuni. Questa invece è la nostra faccia bella, intendo l’urlo come un orgasmo emozionale. Come nel fare l’amore, ci tocchiamo l’un l’altro, un contatto epidermico da ritrovare. All’idea di una comunicazione solamente virtuale proponiamo quest’urlo di liberazione.

Leggo: “il Festival è riuscito a superare le difficoltà che ci sono nel sud per organizzare un evento complesso”. Perché è sempre così complicato portare musica ed emozioni alla gente che vive di queste cose?

R: Purtroppo stare dietro a tutto è difficilissimo. A partire dagli artisti, alcuni dei quali potrebbero rifiutare. Invece nel nostro caso gli artisti sono tutti miei cari amici. Dario Brunori, Teatro degli Orrori, Colapesce, Zen Circus, Samuel dei Subsonica e Figli di Madre Ignota li conosco grazie alle collaborazioni che ora ho fatto fruttare, hanno subito accettato senza se e senza ma. Altri gruppi sono state piacevoli sorprese, come i Kalamu, di cui mi ha colpito subito l’autenticità. Siamo contenti di aver programmato e prodotto un buon 25 % di musica calabrese.

Cosa ne sarà dell’associazione Urlo degli Enotri dopo la partenza di Roy Paci dalla Calabria?

R: Vogliamo creare un laboratorio permanente a Tortora per sviluppare tutte le specificità culturali. È come in una gestazione, il Festival deve avvalersi di costanza nelle cose: le creazioni come creature, bisogna fare sacrifici per campare un figlio. Dobbiamo sacrificare il nostro tempo e creare presenza sul territorio per coinvolgere la collettività. Dico: il prodotto è da consumarsi entro la fine del mondo! Il prodotto è pregiato ma anche fragile: molti invidiosi potrebbero mettersi contro e fare muro. Bisogna far capire loro che serve alla comunità e che non c’è niente da invidiare agli altri.

Non solo musica. L’Urlo è anche guerrilla marketing, presentazione di libri e d’inchieste, show cooking. C’è il marchio IBU (Italian Beer United) per promuovere birrifici artigianali della penisola. C’è Libera, Emergency e Slow Food, tra gli altri

R: È un festival etico in cui ci attrezziamo per fare miracoli. Il pezzo forte è la trasparenza, espressa già in social network e nella Rete in generale, e la gratuiticità. Etnagigante, The Cage Theatre e L’Urlo non percepiscono nulla. Abbiamo allestito un palco enorme, con molti tecnici qualificati: quello del suono ha un’esperienza decennale al Concertone del Primo Maggio, il fonico di palco all’MTV Day, per esempio. Un messaggio da lanciare per sviluppare le specializzazioni al sud, realizzando stabilmente workshop e corsi di formazione, che mancano davvero.

Hai detto di recente di aver provato per decenni ad organizzare qualcosa in Sicilia che unisca sonorità e tutela del territorio. Lo fai in Calabria, a Tortora

R: Sai perché? In Sicilia devo sempre chiedere permessi genuflettendomi. A Tortora, tutto ciò non è successo. Non capisco perché ti chiedono ogni volta mille documenti, e quando hai tutto in regola, devi ancora chiedere favori. Qui abbiamo fatto le cose per bene e serenamente, nessun boss o colletto bianco di turno ci ha chiesto in cambio qualcosa per essere venuti a fare musica e cultura.

Sei impegnato in innumerevoli progetti e cantieri. Il tuo suono è sempre stato no global?

R: Io non ho sposato l’attivismo, sono cresciuto essendo un attivista. I miei, poveri, non hanno mai abbassato la testa ai soprusi dei latifondisti, perché il contadino è un’attivista. Faccio tesoro dunque del mio passato, dei miei nove anni di muratore e due da agricoltore. Quando faccio musica non penso mai alle due cose come inscindibili. Penso invece a sdoganare i concetti tramite la gioia, di denunciare le nefandezze con la gioia. Tra le righe di Toda Joia Toda Beleza è scritto “bellezza di luce/ogni giorno rido/bellezza di notte/perché altrimenti muoio

La Calabria chiede soccorso contro la malasanità, il clientelismo, le morti sul lavoro (il caso irrisolto della Marlane) e le ecomafie (la nave dei veleni). Come può spalleggiarci la musica?

R: Attraverso l’aggregazione. La banda musicale può diventare uno di questi momenti. Tortora non ne ha una, e al sindaco è piaciuta l’idea di formarla. Ci si mette così in visibilità e la musica fa da cassa di risonanza: non vi dimenticate di noi e dei nostri problemi, siamo gente generosa.

Il panorama delle etichette indipendenti al sud. Hai promozionato SyD all’evento. Prima o poi si deve per forza cedere alle lusinghe delle major?

R: Non è più tempo di cedere. Non ho dato il culo alla Universal, e adesso serve meno di prima abbassarsi. Si distribuisce se stessi, si prende un progetto personale e si gestisce con persone di fiducia, i patti con chi non conosci non li fai. Le major hanno solo battuto cassa, poi le nuove tecnologie hanno aiutato la creatività e ci hanno insegnato che se emergi oggi lo fai perché hai delle qualità. Un senso utopicamente meritocratico.

Uno dei tuoi sogni nel cassetto, duettare con Tom Waits. Intanto, quale è stata la collaborazione più intimamente appagante?

R: Senza dubbio con Manu Chao. Ho imparato cos’è l’umanità in relazione alla musica. Manu è l’antidivo per eccellenza, ha un’aura così forte che ti coinvolge.

È  uscito il tuo nuovo singolo con Clementino, “Fino alla fine del mondo”. A quando un nuovo album?

R: Quest’inverno qualcosa uscirà fuori. Ma voglio avere il tempo di sperimentare nuove cose…

Gli Enotri crearono in tempi antichissimi mescolanze tra popoli, tra calabresi e siciliani. C’è sempre però la Malarazza (brano storico che anche tu hai rivisitato) e “un patrune che ci strapazza?”

R: La Malarazza è infiltrata. Lo Stato lo è. Non tutte le istituzioni sono da buttare ma le magagne e le schifezze le vediamo tutti. Gli Enotri, sai, si divertivano al posto di combattere. Anche per dar ordini ai cavalli, bisognava farli trottare al suono dei tamburi. Un po’ come abbiamo fatto noi in tutte queste sere. Vi aspetto per la serata finale, fino all’Alba dei Poeti!

 

I PEPERONCINI DEL ROCK DI EMILIANO CIRILLO

I “divi” di Cirillo esposti a Diamante

Quella mostra al Peperoncino

Street art e ricerca glocale: nota piacevole a cospetto di un cartellone culturale che a luglio non fa di certo sognare

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DIAMANTE (CS) Di piccante, a Diamante, prova a muoversi qualcosa, non già il Peperoncino Festival con le sue multiformi declinazioni territoriali e culturali. In via Pisacane – sede un tempo di un collettivo di sinistra e di una libreria alternativa – da inizio luglio è stata allestita una mostra permanente dello street writer Emiliano Cirillo nella quale Sua Maestà il Peperoncino si trasforma in elemento di rottura e insieme collante tra arte dal basso, identità locale e rivisitazione in chiave alternativa e ultramoderna di celebratissimi miti del rock. L’assessore a Turismo, Cultura e Spettacolo, Franco Maiolino, attraverso i social network ha espresso il suo apprezzamento definendo «intelligente ed adeguata al contesto del Centro storico la scelta di destinare locali all’allestimento di esposizioni o all’apertura di botteghe artigiane». Quella di Cirillo è una mostra intrisa di ricerca artistica glocale, che al pescare fuori del territorio accompagna la produzione endogena emergente connotata dalla martellante osmosi con l’arte dal basso espressa nelle strade, tra la gente, in giro per il mondo. Emiliano, 33 anni, dopo aver visitato i musei di arte contemporanea di mezz’Europa ha portato sul Tirreno cosentino la potenza di fuoco della street art soffermandosi prima sui murales, poi sul riciclo di materiali in disuso (un vecchio vinile riportato in vita con su impresso il volto di Kurt Cobain, mentre la sala espositiva è illuminata dalle bombolette spray usate dall’artista e con cui si compone il maxi peperoncino che campeggia nell’atrio) e, attraverso tecniche a gradazione su scala dei grigi, l’esercizio di metamorfosi simbolica dei contenuti artistici: «Non è la pop art che risucchia il corpo ed i volti attraverso i colori» – si legge nel comunicato stampa –  «non è lo stencil di strada che impressiona sul muro la realtà resa irreale dal nero, ma è l’immagine stessa che dal reale diventa ancora più reale in quanto oggetto presente proiettato nel futuro. Il peperoncino diventa momento di rottura dell’immagine stessa». Ed è così che le iconografie classiche delle rockstar si sciolgono in versioni più leggere, al confine tra sarcasmo e illusione: i Beatles di “Abbey Road” camminano tra strisce zebrate intervallate da sinuosi peperoncini; sempre il capsicum diviene l’inconfondibile baffone di Frank Zappa, fumato da Jimi Hendrix, iniettato da Sid Vicious, indossato a foggia di collana da Jim Morrison, microfonato tra le mani di Elvis ; Ozzy Osbourne ce li ha in testa diavolaccio come lui solo è; eccolo poi insinuarsi su album storici, come il “Love you Live” dei Rolling Stones (al posto della mano addentata) e “Andy Warhol” dei Velvet Underground (sostituisce la celeberrima banana) o a fare da contraltare alla compianta Amy Winehouse. L’esposizione è un satellite in orbita già staccatosi da una programmazione estiva comunale opinabile, standard, che, a parte il Diamante Film Festival e il Magna Graecia Festival, si presenta a luglio senza lampi di originalità e di certo ancorata  – secondo i più – ad un modo di fare cultura incentrato sulla rottamazione di ex celebrità televisive e poco più. Stay Rock! Stay Spicy!

PhotoImages: Aldo Bianco (www.gentedelsud.it)

Lavorare ai call center in Calabria

Un anno in un call center per capire la precarizzazione del sistema 

Il popolo delle cuffiette non ce la fa più 

Fior di milioni di finanziamenti pubblici, scandali e commesse che ‘salvano’ dalla disoccupazione 8000 calabresi,  ma nessun contratto nazionale, ferie e malattie. Chi ci rimette sempre è chi vive al di sotto delle proprie possibilità e ambizioni

RENDE (CS) «Vi abbassiamo il fisso orario, ma non lamentatevi. Altri nemmeno ve lo danno». Si chiama adeguamento di contratto e molte imprese vi stanno ricorrendo assillate dalla crisi, non ultimi i call center campioni di produttività e micro-occupazione. Abbiamo passato alcuni mesi in uno tra quelli disseminati a Quattromiglia (Visiant Contact, Easycall, Future e Infocontact per citarne alcuni), fianco a fianco con alcuni ‘colleghi’ in cuffia e microfono e relativi disturbi uditivi, e  vi assicuro sarebbe già una bella conquista in terra di Calabria se almeno il fisso corrispondesse a quello di equivalenti aziende di crm (Customer Relationship Management) del resto dello Stivale. Il governo dei professori spaventa eccome prima ancora che il varo della riforma del lavoro sconquassi le anomalie del nostro sistema e i grandi feudi. “Per motivi economici e organizzativi legati anche alla tipologia di contratto si adegua la retribuzione oraria dai 3,50euro/ora lordi precedenti a 2,80euro/ora lordi“. Ma la Calabria, si sa, è un territorio sui generis, dove ancora in pochi si lamentano se per prendere l’auto e andare al lavoro si guadagna meno di 10 euro per una giornata part time. Se qualcuno ci prova, gli indicano la via di casa e il reintegro se lo sogna.

Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Ma quanti soldi pubblici  La bella favola sta ritorcendo la sua trama contro quelli che si son ritrovati a essere   protagonisti inconsapevoli, troppo spesso antieroi di un sistema che ha fatto dei call center scommesse vincenti irrorate di soldi pubblici ma anche piccole carceri personali. Archiviato il disastro sociale del crack Phonemedia –  i licenziamenti, le proteste e le cigs con arretrati mai incassati a fronte di finanziamenti erogati per corsi fittizi e giustificativi di spese mai sostenute dall’azienda –  e gli sporchi strali del ‘call center connection’ che hanno fagocitato solo a Catanzaro 11mln di fondi pubblici, la catena di montaggio ha ripreso a macinare commesse e lauti guadagni. Mentre per Randstad Italia la ricerca di un posto in cuffia è aumentata del 50% nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2011, si smantella il sistema dei diritti dei dipendenti e colano a picco le garanzie sul lavoro. In certi call center osservati, addirittura, il fisso orario si otterrebbe attraverso un punteggio, risultato polivalente di una serie di fattori che esulano dalla effettiva capacità degli operatori : «Se non raggiungo 77 punti posso dire addio a 1euro orario! I punti si raggiungono in base alla tipologia di contratto stipulato, all’operatore di provenienza, tipo di copertura. Vergognoso, come se per fare il contratto non fossimo venuti a lavorare! 5 euro per cinque ore di lavoro» sbotta Francesca che da mesi entra ed esce dai call center.  Sono parecchi quelli che il fisso nemmeno a parlarne e si va avanti solo con i contratti a scaglioni, cioè a retribuzione progressiva. In altri ancora il fisso di 450 euro mensili è legato alla copertura di 120 ore mensili (alla faccia del part time…) ma se la soglia fatidica non venisse raggiunta a causa di pochi scampoli di minuti, beh, allora addio fisso. Sei ore passate in ansia da contratto, insulti gratuiti e scarabocchi nevrotici, e se salti un giorno il recupero diviene impossibile. Vale tanto penarsi e vivere in bilico tra una registrazione vocale e un’attivazione? Dice Luca, che della zona industriale di Quattromiglia è un veterano: «Se ti guardi attorno c’è il deserto, mentre il call center c’è sempre, ti dici, è come una sicurezza inconscia, almeno non rimani appiedato. Sperando che, una volta finiti i POR e gli altri tipi di fondi europei, il tuo datore di lavoro non pensi di chiudere i battenti e delocalizzare altrove o ritornarsene alla sede legale. E a noi non resta che sperare il contrario, con co.co.pro ridicoli, ci troveremmo con un pugno di mosche in mano». Un’ampia manovalanza pronta a tutto pur di lavorare. Giovani brillanti e laureati che non oppongono resistenza, enorme precariato altamente qualificato e a basso costo e zero tutele. La famosa Circolare Damiano del 2006 è stata troppo spesso aggirata concedendo tutele di lavoro subordinato agli operatori inbound (servizi clienti, assistenza tecnica) e prefigurando solo contratti atipici per quelli outbound (telemarketing) anche laddove la dinamica lavorativa e la struttura del call center sarebbero orientati al subordinato. «Il risultato? Dalle nostre paghe misere si detrae la copertura assicurativa ma non abbiamo né ferie, malattie, previdenze. Perché non si decidono ad applicare a tutti i call center i contratti nazionali del lavoro che prevedono 560€ mensili per 4 ore lavorative diarie, 800€ per sei e 1200€ per 8 ore?»

Il settore però, nonostante la crisi, tiene bene e tiene duro. In circa 8mila ogni giorno in tutta la Calabria si preparano a tempestare di chiamate famiglie e partite iva, rimanendo automi sottostimati del lavoro standardizzato. Un numero destinato probabilmente a crescere adesso che si sono svolte le amministrative. Perché anche un posto nel call center in alcuni casi può considerarsi il premio di uno scambio elettorale, dirottando finanziamenti che scarsi nella nostra regione non sono mai stati (25 milioni negli ultimi dieci anni). Basta guardare alla eterogeneità del popolo delle cuffie: laureati e studenti, disoccupati ed esodati (trombati), madri e padri di famiglia senza lavoro, insomma, meri indici statistici sull’impiego da utilizzarsi nella valutazione di un mandato politico nel creare lavoro nel e radicato sul territorio. «Tutti si rivolgono ormai al call center. L’altro giorno un mio collega era scuro in volto: si era recato ad un colloquio di lavoro in un altro call center e aveva intravisto il padre che faceva la stessa fila. Aveva capito che avesse perso il lavoro…»

Norme bypassate «Ma non è solo questo che ritorce lo stomaco. In alcuni call center si abusa della mancanza di controllo anche per ciò che concerne la privacy e la trasparenza, sia da parte degli organi preposti a far ciò sia da parte delle grandi aziende telefoniche committenti». Luca ci racconta che spesso si usano falsi nomi in sede di registrazione vocale o numeri fittizi di identificazione operatore; si promettono agli utenti fantomatici sconti del 30-40% in bolletta telefonica una volta che gli stessi procurino agli operatori altri contatti utili (leggi contratti.) Infinite e senza controllo sono poi le liste di persone non contattabili, quelle formate da numeri non presenti in elenco e che violano decisamente la privacy, l’apertura di poche ore di liste non ufficiali che scatenano le ire degli utenti. E soprattutto la prassi divenuta diffusa di chiamare numeri iscritti al registro delle opposizioni e giustificate con un semplice ‘Mi scusi ho sbagliato a digitare’o ‘Il registro non è stato aggiornato’.

Riforma del lavoro? Intanto centinaia di operatori si chiedono dove siano andati a finire i milioni di fondi Ue per la regolarizzazione dei contratti a progetto con assunzioni triennali e perché organi di controllo e Regione non si avvalgono delle clausole fideiussorie dei finanziamenti per scongiurare frodi e sprechi. Chissà se la riforma Fornero, fin troppo studiata e passata ai raggi X, ma non ancora improntata, serva a gettare uno squarcio su salari e tutela del lavoro. La ministra ha parlato di personalizzazione dei co.co.pro (non potranno cioè essere più utilizzati per lavori ripetitivi) ma soprattutto estensione delle garanzie del cnl come fisso garantito e possibilità di ricorrere alla mini-aspi per la disoccupazione. Dovrà il popolo delle cuffie di Calabria aspettare ancora in eterno?

‘DIAMANTE BANDIERA BLU 2013’: SI PUÒ?

Sottoposta all’attenzione dei nuovi gruppi di maggioranza e  minoranza 

DIAMANTE ‘BANDIERA BLU 2013’. PROPOSTA PER UNA CANDIDATURA PIÚ DI SOSTANZA CHE DI FORMA

spaZIOBRUzio, associazioni e reti civiche promotori di un’iniziativa per dare slancio alla blue economy sulla Riviera dei Cedri


DIAMANTE (CS) Mettiamola così: piange il Tirreno, ride lo Ionio calabrese. Anche quest’anno la Fee (Fondazione per l’Educazione Ambientale) nell’assegnazione della Bandiera Blu ha virato con un colpo di frusta sul versante orientale della nostra regione: Amendolara, Cariati, Torre Melissa (new entry nella speciale classifica stilata dall’organizzazione), Cirò Marina, Gioiosa Jonica e Roccella sono state decorate col più alto vessillo in tema di sostenibilità ambientale e cultura ecologica. Nessun interesse, invece, per l’intero bacino del Tirreno bruzio, Alto e Basso. In controtendenza, perché intanto l’Ansa a grandi lettere titolava: “Bandiera Blu 2012. Cresce il Sud” e le testate regionali scandagliavano l’argomento sottolineando lo smacco sconvolgente di 6 a 0 inflitto al nostro seppur apprezzato litorale. Anche il presidente di Italia Nostra, Domenico Maio, ha rimbrottato “un evento che si riverbererà sicuramente su tutta l’economia che intorno a questo settore produce lavoro e quindi reddito”. Nonostante i ritardi di alcune regioni meridionali in fatto di moderno attestato di educazione ambientale e attenzione alla blue economy, dunque, il Sud in generale mostra i muscoli e cerca di risalire la china a dispetto della contrazione del turismo in senso classico, cioè quello che per intenderci vedeva sulle nostre coste albergare i villeggianti per tre mesi l’anno. Ora il focus si sposta e bisogna stare all’erta al mordi-e-fuggi in quei mesi dell’anno meno sospetti che potrebbero dare l’opportunità ai nostri gioielli rivieraschi di fare un figurone. Il 14 maggio, scorrendo i nomi delle località balneari premiate, ho notato che da Roma in giù non siamo in grado di sfruttare come si deve l’estensione costiera che in Europa ci invidiano: Sardegna e Calabria (6) e Sicilia (5), ossia le regioni con più km di coste, portano a casa pochi riconoscimenti rispetto alle più quotate Liguria (18), Toscana e Marche(16), Abruzzo (14) che si affacciano in misura minore su mari e laghi. Per non parlare di quelle regioni che il mare lo vedono per davvero pochi tratti di costa (Basilicata, Molise, Friuli) ma che ugualmente incamerano risultati eccelsi rispetto le condizioni di partenza.

Il Programma Bandiera Blu – riportiamo –  “è basato sulla rispondenza a 4 aree tematiche all’interno delle quali vengono individuati i relativi criteri di assegnazione: qualità delle acque di balneazione (5-10 pt), depurazione delle acque reflue (0,5 –10 pt), certificazione ambientale (1-6,5 pt), gestione dei rifiuti (1 –20pt), servizi turistici (1 –10,5 pt), sicurezza, servizi ed accessibilità nelle spiagge (5-13,5pt), educazione e comunicazione ambientali (2- 12pt), iniziative di sostenibilità ambientale (0-12 pt), sono i criteri sui quali viene basata la valutazione per l’assegnazione del riconoscimento”.

Ora, a prescindere dal fatto che conseguire una bandiera blu non significa ostentare l’ennesimo decoro da (ab)usare come cavallo di battaglia nelle campagne elettorali o peggio ancora come punto d’arrivo dello sviluppo locale e turistico, partecipare ad una selezione così rinomata dovrebbe al contrario servire come trampolino di lancio e conferma per una serie di iniziative ecosostenibili intese come risorse economiche da valorizzare dentro e fuori la comunità. Chiedo all’amministrazione appena rieletta a P.zza Mancini: ha mai Diamante partecipato al programma ‘Bandiera Blu’? Non sarebbe proficuo accentrare in modo sinergico proposte e iniziative tali da inserire la Perla del Tirreno tra le candidate all’edizione 2013? Vale la pena ricordare al Sindaco Magorno e al nuovo esecutivo, compresa la  minoranza, che la Fee, l’ente che organizza e seleziona le località da premiare, è presente in più di 60 paesi dislocati nei cinque continenti e gestisce diversi progetti per il consolidamento di una cultura ambientalista e di diffusione di pratiche verdi (Eco-Schools, Young Reporter for the Environment, Learning about Forests e Green Key). Non solo, a supporto di questi programmi ci sono due agenzie dell’Onu, la UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) e UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo) con cui la FEE ha sottoscritto un Protocollo di partnership globale. Da semplice cittadino e da innamorato della propria terra, mi rivolgo alle nostre istituzioni per ribadire quanto inorgoglisce vedere rapportarsi l’afflusso turistico sempre più composito per esigenze di base e articolato nelle pretese di sviluppo con quella millenaria cultura dell’accoglienza espressa in modo naturale e viscerale dalla gente comune e dagli operatori turistici e sociali che rispondano positivamente a tali aspettative. Nella stessa misura in cui ci rende troppo spesso impotenti sapere quanto ancora Diamante, miniera inesauribile di potenzialità solo in minima parte esplorate, possa valere ancor più in termini di indiscusse risorse turistiche, ambientali, storico-artistiche, sociali. Da cittadino, allora, chiedo alle forze di maggioranza e di minoranza d’intraprendere tutte le azioni in grado di candidare Diamante a una così importante selezione internazionale, non fondamentale ai fini di una sua sopravvivenza economica e turistica, certo, ma valore aggiunto di un comune che sia virtuoso a 360 gradi, che voglia fare di Diamante non solo ‘la città dei murales e del peperoncino’, ma un brand consolidato da esportare ovunque che aspiri a scenari di ampio respiro, sfide lungimiranti che allarghino gli orizzonti di nuovi visitatori anche quando spread e bund vari remano contro . Lo riconosce lo stesso primo cittadino di Cariati, Filippo Sero, all’indomani del quarto traguardo consecutivo della sua citta: «È un riconoscimento importante soprattutto quest’anno. Arriva, infatti, in un momento di forte crisi, un momento in cui c’è necessità di segnali positivi. Dai dati regionali diffusi e verificati abbiamo riscontrato che, dal 2008, anno in cui ancora non avevamo il vessillo, al 2011, c’è stato un incremento di presenze turistiche del 55%. Abbiamo avuto un aumento graduale, dalle 58 mila presenze del 2008 alle 67 mila del 2009, dalle 78 mila nel 2010 alle più di 91 mila presenze nel 2011». Ne beneficerebbero un po’ tutti, e l’immagine del paese verrebbe proiettata su canali di visibilità mai battuti.

Per raggiungere il risultato sperato c’è da essere vigili sulla qualità delle nostre acque, da sempre il cardine del nostro settore turistico. C’è da fare i conti con un mare bene comune e senza confini, la cui protezione dipende in maniera evidente dalla capacità di fare squadra con gli altri enti locali della Riviera. Di recente lo sversamento illecito attuato da imprese senza scrupoli ha alzato il livello di guardia (mentre scriviamo la Regione ha comunicato dati da brivido riguardo l’attività ambientale 2011-2012, con 23 depuratori in stato di sequestro e 7200 mc di fanghi non smaltiti negli impianti). L’amministrazione di Diamante ha levato gli scudi anzitempo, come anzitempo ha riunito tutti i sindaci del comprensorio e inviato una missiva al governatore della Calabria Scopelliti per predisporre un programma che incrementi per quantità e qualità l’offerta turistica del Tirreno cosentino.

Pertanto, se la strada da seguire sarà quella di innalzare il livello di vivibilità per chi abita e per chi si reca a Diamante, che si partecipi a tale Bandiera Blu. Non importa che i risultati arrivino tra uno, tre o dieci anni (per esempio, nella valutazione della qualità delle acque il campionamento non si riferisce all’anno in cui ci si candida, ma ad una media in anni diversi di analisi). Alcuni criteri assegnano un punteggio maggiore che altri, ma tra questi ce ne sono alcuni che fanno ‘corpo’ nella decisione della Fee per la decisione finale e che penso fermamente siano da considerarsi obbiettivi di buon governo. Eccoli listati di sotto (fonte: www.bandierablu.org):

–      Acquisti Verdi

–      Efficienza Energetica

–      Raccolta porta  a porta dell’organico (viene inoltre stabilito un punteggio in relazione all’incremento della percentuale di raccolta differenziata rispetto all’anno precedente)

–      Punti di conferimento / isole ecologiche

–      Servizio raccolta batterie al piombo esauste

–      Servizio raccolta oli usati

–      Iniziative di Educazione Ambientale

–      Interventi di Risparmio Energetico nel Campo dell’Illuminazione Pubblica (IP)

–      Interventi sugli impianti IP esistenti

–      Approdi turistici

–      Aree attrezzate per camper

–      Strutture ricettive certificate

–      Presenza di componenti biotiche di particolare rilevanza ecologica

–      Abbattimento barriere architettoniche

–      Presenza di Spiaggia attrezzata per i cani

 

Sul loro merito e sulle azioni da adottare mi piacerebbe ricevere risposta.   

Ecco, allora, il punto su cui investire: creare un’alternativa eco turistica sostenibile che renda la nostra vita più bella da vivere, ricca, blu nell’essenza e verde in ogni sua manifestazione. Diamante potrebbe davvero prendere per mano le altre realtà della costa e portarci tutti un po’ più lontano. Ne siamo tutti convinti.

 

 

"In the abundance of waters the fool is thirsty…"